di TOMMASO VERGA
CINQUE “RIBELLI” o un posto in giunta. Ha vinto il posto. Giuseppe Nardecchia, entra nell’esecutivo di piazza Matteotti in “quota” Marini-Cipriani, andando ad arricchire la pattuglia definita dei “lombardiani”. Di conseguenza, i cinque “ribelli” perdono due delle 14 firme che oggi avrebbero dovuto essere depositate presso il “protocollo del Comune. Di scioglimento del Consiglio comunale non se ne parla.
A pieno titolo, una congiura di Palazzo (Guidoni), proprio la réanimation della politica democristiana di secoli fa. Della quale, a questo punto, è possibile anche presumere in Eligio Rubeis l’occulto regista. Non un nome a caso quello del nuovo assessore – che ha giurato stamane –: Giuseppe Nardecchia, geometra, già eletto nella precedente assemblea cittadina, è notoriamente grande amico del sindaco, il quale, impossibilitato com’è noto dagli impedimenti giudiziari, si immagina abbia seguito di riflesso la vicenda e le mosse di quanti intendevano decretare anzitempo la sua morte politica. Agendo sulla scacchiera attraverso Michele Venturiello, il capogruppo di FI in Consiglio comunale. E infliggendo una pesante mortificazione ai “congiurati”.
Ricapitolando i fatti delle ultime ore, da come si erano distribuite le responsabilità, tutto appariva pronto. Ribelli alle indicazioni del partito, del sindaco e del capogruppo, 5 forzisti avrebbero oggi presentato le dimissioni dal Consiglio comunale. Nomi di peso, elettorale e specifico: Marco Bertucci, Stefano Sassano, Veronica Cipriani, Gianluigi Marini, Anna Maria Vallati. Con loro, i nove eletti Pd e movimento 5Stelle che da mesi chiedono lo scioglimento dell’assemblea: i pentastellati Sebastiano Cubeddu e Giuliano Santoboni; i dem Paola De Dominicis, Emanuele Di Silvio, Patrizia Carusi, Rita Salomone, Simone Guglielmo, Rocco Cisano, Domenico De Vincenzi. 14 firme su 24. La maggioranza. Facendo i conti senza l’oste – il proverbio calza a pennello – il Consiglio comunale di Guidonia Montecelio, a poco più di un anno dalla consultazione elettorale del 25 maggio 2014, sarebbe stato sciolto e il secondo mandato di Eligio Rubeis, Forza Italia, concluso in forma traumatica.
L’anticipata conclusione della consiliatura non è una novità per Guidonia Montecelio. Semmai il contrario. Perché il primo e unico sindaco di destra a portare a termine l’incarico è stato proprio Rubeis. Nella precedente assemblea (appare alquanto complicato che altrettanto gli riesca con la presente…). La prima volta infatti, venne eletto il 7 giugno 2009 dopo il ballottaggio contro il casiniano Michele Pagano, Ccd, sostenuto dal centrosinistra. In precedenza, sono mancati all’appuntamento conclusivo quinquennale sia Teresa Bonelli che Stefano Sassano. Alla pari, per il centrosinistra, di Filippo Lippiello (una curiosità: nella vicina Tivoli invece, i sindaci della destra non sono mai riusciti a concludere il mandato).
I cinque “ribelli” (ora -2) avevano impresso l’accelerata allo scioglimento dopo aver visto respinte le loro argomentazioni in una prima assemblea del gruppo svoltasi il 7 settembre. In quella circostanza, i soli Sassano e Bertucci, due big del partito, si sono trovati uniti nel sostenere la tesi, bocciata dalla maggioranza, di “liquidazione” immediata dell’esperienza Rubeis-bis. A prevalere, l’indicazione di Michele Venturiello, il capogruppo, favorevole alle dimissioni dei consiglieri e ridosso della scadenza elettorale, prima dei 60 giorni previsti dalla legge in casi di questa natura. Poi le cose evidentemente sono precipitate. E hanno preso la piega indicata: appuntamento davanti al “protocollo” del Comune di Guidonia Montecelio i 14 avrebbero sottoscritto la rinuncia al mandato. Tutti insieme, per evitare – altrove è accaduto – che i successivi non eletti li sostituissero nome per nome, partito per partito. Quindi, l’imprevisto “rovesciamento” dell’ultima ora.
Ora, l’unica alternativa possibile al tira-molla in casa forzista è rappresentata dalle dimissioni di Eligio Rubeis. A somiglianza di Fabio Silvagni, sindaco di Marino, FI, che l’11 settembre ha deciso per la rinuncia. Il primo cittadino castellano si trovava nella stessa condizione di quello di Guidonia Montecelio – anch’egli ai domiciliari, almeno inizialmente, analoghe anche le imputazioni, poi Silvagni è finito in carcere –. A Marino, non c’è stato nemmeno bisogno di attendere i venti giorni previsti dal Testo unico sugli enti locali perché il 17 settembre si sono dimessi quattordici dei 24 consiglieri, provocando l’arrivo immediato del commissario prefettizio per la provvisoria amministrazione dell’ente. Da non immemore frequentatore delle correnti democristiane, Rubeis alle dimissioni proprio non ci pensa. Tutto rinviato ai prossimi episodi.
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