di TOMMASO VERGA

TROPPO SEMPLICE (nonché plebeo, privo di solennità: ehi! si parla dell’ipotetica insegna “Grand Hotel Amedeo di Savoia”) valutare “come realizzare un sistema di relazioni scuola-lavoro nel settore dell’accoglienza”. Oppure, formula equivalente, “utilizzo delle strutture alberghiere per migliorare la formazione professionale”. Per la burocrazia quel che risulta praticità per il cittadino, è proibito, impedito, precluso, negato, rifiutato, respinto, ostacolato, interdetto, inibito (a libera scelta…).

Vuoi mettere, al confronto, “riveste un valore strategico diffondere e rilanciare nel nostro Paese una cultura finalizzata a promuovere, sviluppare e coltivare nei giovani la propensione al pensiero creativo, all’innovazione, all’intraprendenza, allo spirito imprenditoriale e al lavoro di gruppo”? Non scherziamo, che altro sennò?

Il periodo racchiude il motivo di un “protocollo d’intesa” sottoscritto il 6 giugno. Le firme: Gilberto De Angelis e Manuel Libertucci; direttore dell’Usr Lazio (Ufficio scolastico regionale) il primo, omologo l’altro dell’Ada (associazione direttori d’albergo). Nella susseguente (consueta) prosa che non invoglia a leggere – i “visto che” si prolungano per ben 30 (trenta!) tra leggi, decreti, circolari, note, determinazioni e via sciorinando – si arriva al motivo: scuola-lavoro appunto.

Formalità a parte, intento da condividere. E l’impegno dell’associazione direttori d’albergo autentica l’assunto. I giovani frequentatori degli istituti alberghieri del Lazio potranno utilizzare le sedi di hotel e simili per approfondire le conoscenze e la specializzazione. Ben fatto.

Antonio Manna, rettore, ex sindaco di Casalnuovo

L’Ufficio scolastico regionale disegna la “rete tra gli istituti alberghieri del Lazio”

Senonché, dicevano i latini, in cauda venenum. Perché, appena dieci giorni dopo, nel “Convitto nazionale Amedeo di Savoia” di Tivoli, si svolge una “conferenza organizzativa”, prosecuzione degli intenti fissati nel “protocollo”. Al veleno che passa di calice in calice, a firma di Gilberto De Angelis, si aggiunge una documentazione distribuita ai presenti – entusiastici gli “evviva” –: “Accordo di rete di scopo tra istituzioni scolastiche” si intitola, e stabilisce la formazione di una “rete tra gli istituti alberghieri del Lazio”.

Esempio è l’esperimento di Trastevere. Se i ragazzi dell’alberghiero di Tor Carbone riescono (e ci stanno riuscendo) ad attivare il proponimento dell’albergo nell’edificio sottratto alla mafia è utile seguirli in forma estesa. Effetto-protocollo? Sì, no, forse, macché. Dipende dall’interpretazione ma prima ancora dalle intenzioni degli organizzatori. Che appaiono carbonare, sibillinamente in contrasto con le primitive aspirazioni Usr Lazio-Ada. Perché, a quanto si legge, il rendez vous del 16 giugno riguarda non gli hotel a sostegno dei ragazzi per correlare la scuola con il lavoro, ma la trasformazione degli istituti alberghieri in alberghi. Tout court.

A cominciare dall’edificio sotto casa, il “Convitto nazionale Amedeo di Savoia”, che, alla fine della giostra, potrebbe titolarsi “Grand Hotel Amedeo di Savoia”. Dopo quello un po’ sui generis, dell’istituto alberghiero, licenziato un anno fa, si tratta dell’ennesimo progetto partorito dalla fertile mente di Antonio Manna, il forzista ex sindaco di Casalnuovo, assurto a rettore dell’istituzione tiburtina. Proponimento: fare del convitto una scuola professionale.

Il bar didattico diventa la hall dell’albergo

Intanto, “sbloccato” il sito internet, dell’appalto per l’alberghiero non v’è traccia

Sui generis, s’è detto. Riepilogo. Il Manna nella pausa tra lo sviluppo di un’idea e l’altra, ha trovato tempo e modo di mettere in movimento il sito internet della scuola-azienda. Per curiosità (solleticata da hinterlandweb del 3 febbraio 2017), si torna al titolo “Si ignora bando di gara, prezzo di aggiudicazione, costruttore” dell’istituto alberghiero. Si dà un’occhiata, vuoi vedere che la “trasparenza” ha trovato ristoro?

Delusione. Non c’è niente, l’alberghiero è inesistente. Indispensabili allora un po’ di domande (bis): quanto è costato aprirlo? Dove-come è postata la spesa in bilancio? Chi ha realizzato le opere e attraverso quali modalità è stato scelto? Dov’è il bando di gara? A meno non si tratti della voce “spese straordinarie per i fabbricati ed annessi”, 200mila euro, tra le “uscite” del bilancio 2015 – quello del 2016 non è ancora stato pubblicato –. Che potrebbe dare la stura a una ulteriore ipotesi: con la non insignificante sommetta il convitto ha acquistato gli spazi per l’alberghiero. Siccome così non è (è sufficiente la vista), i 200mila euro a cosa sono serviti?

Le “spese straordinarie” tutte indirizzate ai fabbricati (quali?): in totale 290mila euro

Subito appresso il bilancio annota 90mila euro. Per “manutenzione straordinaria fabbricati”. 30.829 quelli effettivamente spesi, 20.095 da corrispondere, 50.924 residui. Ne discende che, se assegnata a un unico soggetto, per la realizzazione dell’opera il convitto avrebbe dovuto indire un appalto, in quanto la somma supera i 40mila euro, limite stabilito dalla legge per l’assegnazione diretta.

L’intervento di Giuseppe Proietti, sindaco di Tivoli

Per amor di cronaca, non si possono però evitare alcune considerazioni sulle modalità di compilazione dei preventivi. Della “manutenzione” s’è detto, un previsione prossima al doppio di quanto effettivamente speso. Il bilancio-uscite del convitto annota un totale generale di 1milione 192.943,53 euro, mentre l’esborso tra somme pagate e da pagare è pari a 548.763,96 . Risparmio per il 2016, 644.179,57 euro.

Che presumibilmente entreranno nel budget preventivato per l’immaginato “Grand Hotel Amedeo di Savoia” (o come si intitolerà). Intanto, a sostenere quello che al momento è allo stato di progetto, è la ristrutturazione delle sezioni scolastiche. A settembre, verranno abolite due elementari e una media del convitto propriamente inteso, per irrobustire la “linea alberghiero”, adesso consistente in una sola prima classe. Totale, una ottantina di allievi. Un disegno che nel tempo potrebbe evolversi al punto di rendere residuale il convitto – è sufficiente una delibera del consiglio di amministrazione – a favore della nuova scuola professionale annessa al “Grand Hotel Amedeo di Savoia”.

Disegno che già si dissimula ben oltre l’approccio ipotetico. Lo mostrano i lavori completati dell’atrio, relativi alla hall (“grande sala d’ingresso e di sosta in ritrovi e locali come club e alberghi” si legge nella Treccani) mentre la questione ricettività per i turisti è ancora allo stato di valutazione; ma si farà peccato a pensar “male” ipotizzando che questa possa, nel tempo, esser causa di una riduzione del numero dei convittori? Ma solo considerato che, in assenza di opportuni spazi (camere) da adibire loro, i turisti andrebbero ad occupare gli alloggi destinati agli alunni convittori. Un vuoto per pieno, anno dopo anno

Manna e Terranova in guerra: il “Grand Hotel Amedeo di Savoia” vs il “Grand Hotel Duca d’Este”?

Non l’unico effetto. Perché la scelta comporterà conseguenze per la città di Tivoli e per il comprensorio in più comparti di attività. A cominciare dagli sconvolgimenti nel settore dell’accoglienza. Perché – dopo la fallimentare esperienza del “Sirene” a Villa Gregoriana –, il “Grand Hotel Amedeo di Savoia” risulterà il primo ed unico albergo nel centro urbano. Nessuna avventura imprenditoriale, i dipendenti del convitto sono impiegati retribuiti dallo Stato. Quindi un investimento a carico delle finanze pubbliche.

Si obietterà che anche il “Grand Hotel Duca d’Este” di Bartolomeo Terranova ha usufruito delle donazioni erariali per i mondiali del ’90. Ineccepibile. Ma la questione che interessa nell’attualità investe la domanda, se ci sono le condizioni per mantenere nella stessa area, a pochi chilometri di distanza, due strutture equivalenti, una pubblica, l’altra che si relazione con il mercato. E che produce un indotto, fonte di sopravvivenza per i molti piccoli alberghi costruiti nella pianura tiburtina, verso i quali lo stesso “Duca d’Este”, in condizioni di “completo”, dirotta gli ospiti eccedenti. Se ne consideri l’effetto sul numero degli occupati.

Su Tivoli piomba infine la conseguenza, diretta, della riduzione degli spazi – destinati a implementare l’alberghiero – della scuola elementare e media. Tre classi s’è detto. Che, nel centro città, non hanno alternative, in particolare la prima. Le famiglie? chi resta escluso si arrangi. Tanto l’amministrazione comunale di Palazzo San Bernardino non guarda, non sente, non parla. Partecipa al convegno d’avvio della riconversione.