Il termovalorizzatore dell’Acea a San Vittore; in alto, il Corriere della sera della provincia di Brescia

di TOMMASO VERGA
«IL VENTO STA cambiando, signori, il vento sta cambiando». L’augurio è che non tiri nella direzione meno gradita. Perché con il termovalorizzatore che piega di conseguenza, il rischio della zaffata è più che probabile. Fosse solo quello… Perché al puzzo devi aggiungere le emissioni non esattamente accostabili alla pozione quotidiana di antiqualcosa che eviti danni (non lievi) alla salute.
Trattamento dei rifiuti, uno spiraglio aperto su una parziale novità: il tavolo Regione-Città metropolitana-Campidoglio ha messo a punto un «primo piano quinquennale» che consentirebbe il «grande balzo in avanti» a smaltimento e trattamento, portando la Capitale fuori dall’emergenza-immondizia.
Due le soluzioni, termovalorizzatori e discarica, da realizzare in 5 anni il primo, nell’immediato (e nel territorio romano) la successiva. Entrambi, finora, tabù granitici per il movimento 5stelle. 500 milioni l’investimento a carico dell’Ama, l’Azienda municipale ambiente.
IMPROBABILE CHE L’ACEA RESTI A GUARDARE. La quale, si immagina, se la dovrà vedere con l’altra spa parapubblica, l’Acea, a onor del vero depositaria della prima proposta risalente esattamente a due mesi fa, l’8 ottobre: un’altra linea di incenerimento nel suo sito di San Vittore – diventerebbero 4 –, un nuovo bruciatore tutto da costruire (Acea è titolare anche d’un «camino» a Terni). Indubbiamente maggiore, e di non poco, la competenza rispetto ad Ama.
Stando ai numeri, quanto a stime, il Lazio calcola un fabbisogno relativo all’incenerimento pari a 773 mila tonnellate annue. Il termovalorizzatore di San Vittore ne può trattare 480 mila. Al resto provvedono gli impianti – discariche e Tmb (trattamento meccanico biologico) – e i “fuorisede”, tra consolari e autostrada del Sole. L’impianto Tmb di Viterbo (tutta la provincia oltre a Rieti) tratta 276.000 tonnellate di monnezza. Si chiude qui.
Almeno per il momento. Perché tra i competitori c’è l’A2A, multiutility lombarda a capitale equamente ripartito tra pubblico e privato, impegnata anche nel trattamento dei rifiuti. Il termovalorizzatore-teleriscaldamento di Brescia è portato a esempio sin dalla scuola elementare. Sinergia che illustra le correlazioni tra monnezza e oro. Nessuno esclude che il camino della A2A possa essere utilizzato anche per le eccedenze di Roma.
Comunque, il progetto ha provocato la corale, unanime ripulsa dei territori «beneficiati». Sia per il core business decisamente retro – combustione dei rifiuti contro raccolta differenziata – ma anche, forse soprattutto, dall’individuazione della localizzazione, Tarquinia, città-patria degli etruschi.
Come un deja vu, si rivede il passato di Guidonia Montecelio. A partire dai 6 profondi invasi, ora esausti e divenuti colline, che arrivarono a contenere immondizia prodotta fino a 110 comuni della provincia.
Monumento-omaggio a una discarica di rsu, al quale venne aggiunto l’impianto per il Tmb. Titolato una dopo l’altra alle aziende risalenti a Manlio Cerroni, il «fondatore» di Malagrotta.
Dal marzo 2014 (incombe prescrizione…) l’intero perimetro è sotto sequestro per iniziativa del tribunale di Tivoli. Tutto nel bel mezzo del Parco regionale naturalistico-archeologico dell’Inviolata. Dal quale un tombarolo estrasse da sottoterra la Triade capitolina.
Chissà perché la «spinta propulsiva» convince gli imprenditori del comparto a preferire modalità che si direbbero di sfida. Alle popolazioni. Oltretutto, il layout tra termovalorizzatore e necropoli risulta decisamente fuori tempo.
L’OPPOSIZIONE DEI SINDACI (PRIMA I LEGHISTI). Non risulta che nell’avventura viterbese la A2A sia accompagnata dalla Systema Ambiente spa di M. Cerroni (M. sta per Monica, la figlia). L’accostamento riguarda le modalità d’approccio non la consanguineità misurata su altri lidi. Con domande parzialmente rese pubbliche. Tutte centrate sul punto che i «puristi» bresciani si direbbe non abbiano mai digerito, «ma come ha potuto A2A stabilire una collaborazione con la Systema ambiente di Cerroni?». Mentre, ricondotto all’attualità, il quesito serio dovrebbe essere «ma ancora sviluppate l’azienda nell’incenerimento dei rifiuti?». Qui casca l’asino.

L’ingresso della «A2A» a Brescia

Perché una sollecitazione al ritorno della pratica «monnezza combusta» – termovalorizzatore mon amour – è verbo da mesi dell’ex vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini (a suo nome, 3.500 azioni dell’A2A). Il paradosso è che il sindaco leghista di Tarquinia e l’altrettanto di Civitavecchia, hanno preso il comando delle proteste dei cittadini e delle amministrazioni comunali – in gran parte leghiste – decisamente contrari a vedere innalzato il pennone del forno nel loro territorio.
IL CAMPIDOGLIO SI PREPARAVA DA MESI. Infine, a proposito di termovalorizzatori, il testo che segue è tra le «mossette» passate sotto silenzio. Risale a quattro mesi fa, quando i bruciatori erano nelle corde del solo Matteo Salvini, intollerabili per la sindaca Virginia Raggi e movimento 5stelle. Che intanto però preparavano e pubblicavano un «manuale su come ci si deve comportare».
Scriveva il «Dipartimento tutela ambientale» del Comune di Roma: «Nel caso di impianti che prevedano trattamenti termici di rifiuti (ad esempio i termovalorizzatori) andrà condotto uno studio di approfondimento meteoclimatico e micrometeorologico che contempli parametri come direzione e velocità del vento, stabilità, turbolenza locale, nonché caratteristiche dell’impianto come altezza camino, quantità e qualità di emissioni. Tale approfondimento consentirà di valutare le ricadute minime di sostanze inquinanti al suolo».
Da notare il verbo coniugato al futuro. Mentre nell’ultimo punto del manuale, interessante le discariche, i tecnici capitolini usano il presente: «Nel caso di impianti che possono dar luogo a emissioni olfattive (ad esempio le discariche) l’individuazione del sito deve fondarsi su uno studio di approfondimento per verificare l’entità del disturbo olfattivo in rapporto alla presenza di eventuali recettori su territorio circostante».
L’ESPOSTO DI ROBERTA LOMBARDI. Altra questione che potrebbe invece passare «sottotraccia», è la possibile diffusione dei termovalorizzatori nelle occupazioni «altre»: a cominciare dai cementifici. Infatti, se la Regione Lazio prevedesse nel piano regionale dei rifiuti il «normale» utilizzo, signicherebbe autorizzarne l’accensione. Non si capirebbe quindi la ragione di divieti per impianti di combustione del tutto analoghi ai convalidati
Il 2 maggio, Roberta Lombardi, capogruppo del movimento 5stelle alla Regione Lazio, presentò una richiesta di apertura di indagini alla procura della Repubblica presso il tribunale di Tivoli, «volta ad appurare la legittimità dell’uso dei combustibili derivati dai rifiuti Css e Cdr nei cementifici per stabilire se le emissioni prodotte dal cementificio Buzzi-Unicem di Guidonia Montecelio, in provincia di Roma, siano più dannose per l’ambiente e per la popolazione di quelle normalmente prodotte tramite il solo utilizzo di combustibili fossili». Davanti alle «nuove-novità» forse è il caso di tenere quell’esposto-denuncia in caldo. Non si sa mai.