di TOMMASO VERGA
I CONTI PUBBLICI. MOLOCH che dovrebbe essere sbaragliato attraverso una gestione politica che rispetti la simmetria tra entrate e uscite, una politica che tenga conto nella contabilità anche le partite del passato, principalmente quelle contrassegnate da «patti» sottoscritti tra Stato e organi decentrati, come gli enti locali per esempio. Che, nel caso riportato dal Sole24Ore di questa mattina (risale al quotidiano la tabella che correda l’articolo), erano chiamati ad osservare le modalità sottoscritte tra il 2013 e il 2015 dopo aver incassato prestiti erogati dallo Stato per abbattere il contenzioso formatosi a seguito del mancato pagamento delle fatture ai fornitori.
Per Guidonia Montecelio l’«imputazione» dovrebbe interessare i 30 milioni di euro incassati dai commissari prefettizi insediatisi all’indomani della cessazione anticipata di metà giugno 2016 del governo della giunta di destra di Eligio Rubeis.
Si prega di evitare il ricorso alla melensa giustificazione «colpa di quegli altri». Ricordando al signor Michel Barbet, sindaco di Guidonia Montecelio, che da quattro anni siede su una poltrona che gli ha consentito di occupare la posizione numero 5 nella graduatoria dei Comuni più inattivi nella riscossione dei tributi (possibile che la giudichi postazione d’alta classifica, vicina allo scudetto…).

I commissari prefettizi Giuseppe Marani e Carlo Foti

Dei 26 milioni tra imposte e sanzioni, nei primi 8 mesi del 2020 in cassa ne sono entrati solo 12, nemmeno la metà; chissà quanti adesso che soltanto dalle cave di travertino il credito del Comune – che Barbet non vuole riconoscere – ammonta a 33.300.000 €. D’altronde, decidere l’abbraccio appassionato con i padroni delle cave è stata una precisa scelta politica. Che si è sostanziata con il respingere atti dovuti come incassare le imposte. Senza nemmeno accorgersi che non si fa nemmeno dell’umorismo quando le si definiscono «presunte». Se non si incassa come si pensa di poter onorare i debiti? Risale all’assessora multitasking Elisa Strani l’affermazione sul «grande risanamento dei conti di Guidonia negli ultimi due anni». Grande risanamento che non ha sottratto la città del volo al pericolo del default.
Il «caso debiti arretrati» è stato sollevato in un question time alla Camera al quale ha risposto Daniele Franco, il ministro dell’Economia. Mancano regole chiare su come ripianare il disavanzo esploso nei conti degli enti locali sui prestiti del biennio indicato. Il problema riguarda 1.750 Comuni, dei quali la metà a rischio dissesto.
A «terremotare» una condizione che si riteneva acquisita e consolidata anche nelle procedure, la sentenza 80/2021 della Corte costituzionale. La Consulta, secondo l’Ifel (l’Istituto per la finanza e l’economia locale dell’Anci, l’associazione dei Comuni), ha rimesso in gioco 2,8 miliardi di euro di prestiti sui quali è calata la mannaia: non si possono restituire in 30 anni.
Il deposito del provvedimento ha scatenato un lavorìo vorticoso alla ricerca di un rimedio, che per ora si è tradotto solo nei 500 milioni prima destinati a rifinanziare il fondo per gli enti in deficit strutturale poi girati a poco più di 300 fra gli enti più colpiti. L’Anci ha proposto un ventaglio di soluzioni, a partire dal ripiano statale dell’extradeficit.
Pannicelli caldi stando alla natura del tema. Perché la soluzione deve comunque tener conto della sentenza della Consulta. Al punto che ieri, il ministro Franco ha detto che «il governo sta attentamente valutando la compatibilità costituzionale dell’eventuale norma da adottare».
Il timore è che la ricerca di una soluzione “compatibile” comporti il rinverdirsi dell’allungamento dei tempi di ristoro delle attese dei fornitori degli enti locali, in un ritorno alle lungaggini del passato (non del tutto ”dimenticate”: è uno dei punti all’ordine del giorno del Consiglio comunale di Guidonia Montecelio che si terrà il 31 maggio prossimo).