(t. ve.) “SIGNORI, MI presento: piacere, Antonio Angelucci, editore. Libero? Mah, a Roma un giornale d’elite, i conti li farete con il Tempo!”. Senza sforzi di fantasia è l’interpretazione che suscita il singolare j’accuse apparso il 18 maggio sul quotidiano di piazza Colonna, da Domenico Bonifaci – indagato per concorso in corruzione da metà febbraio – passato nelle proprietà di Antonio Angelucci, l’ex portantino assurto a ras della sanità privata attraverso la sua “Tosinvest”. Il titolo: “Veleni e accuse sul gruppo Ini”. Sotto il cappello niente, un copia-incolla di fatti, sigle e persone abbondantemente vivisezionate dall’informazione non solo capitolina.
A mo’ di un ring – la concorrenza si avvale anche di queste modalità, mors tua vita mea – gli uppercut del Tempo sono indirizzati a Jessica Faroni e a Marco Vincenzi, lei peso massimo del gruppo fondato dal padre, nonché vertice dell’Aiop, il sindacato della sanità privata, l’altro presidente della commissione Bilancio della Regione Lazio. Prosegue il quotidiano (era distribuito gratuitamente nelle strutture di Faroni… paradossi della Storia), “in base all’ultimo bilancio disponibile (2013) i debiti tributari – del gruppo Ini, ndr – ammontano ad oltre 104milioni di euro. E i debiti previdenziali pari a circa 14 milioni di euro, di cui 9,5 oggetto di una transazione con Inps”. Il colpo del ko nelle ultime due righe: “per quali ragioni non sia stato ancora sospeso o revocato l’accreditamento al Ssn” delle strutture del gruppo Ini.
Due righe che risultano però di proprietà di Massimo Enrico Baroni, deputato del Movimento 5stelle, a conclusione dell’interrogazione – molto lunga e articolata – presentata alla Camera l’11 marzo. Ed imperniata non sui debiti di Faroni, ma sul fatto che a giudizio del parlamentare l’Ini ha evaso la normativa sui contratti di solidarietà (fatto di enorme gravità se comprovato). E conseguentemente chiede al governo di riferire se il gruppo sia o meno abilitato all’accreditamento con il servizio sanitario nazionale. Tutt’altro argomento e materia come si vede.
Si è detto che un altro soggetto deve andare al tappeto. E’ Marco Vincenzi, ex sindaco di Tivoli, poi consigliere provinciale e regionale. Al riguardo, non una sola riga che desti curiosità. Mafia capitale, Salvatore Buzzi, l’informativa dei Ros, le aziende che lo hanno retribuito, e via ripetendo. Tutto noto. Un “quadretto” che però sarebbe sbagliato osservare con minore attenzione. Anzi, si potrebbe persino supporre che sia proprio Marco Vincenzi il bersaglio della sfida. Perché l’attuale presidente della commissione Bilancio, dal Tempo accostato al gruppo Ini come ne fosse il protettore o il referente politico, custodisce la “chiavi della cassa”, il dare e l’avere della Pisana. Sia l’Ini che la Tosinvest devono incassare cifre considerevoli relative a crediti di lunga data, arretrati di un centinaio di milioni ad Angelucci e della metà a Faroni. Chi soddisfare prima? Oltretutto, se l’attesa creasse problemi irreparabili per il rivale il risultato per l’altro si tramuterebbe in un boccone da contendere sul mercato della salute. Come che sia, “con chi sta” Marco Vincenzi diventa determinante.
Di qui il sospetto di un “segnale” inviato a Nicola Zingaretti. Il quale si era opposto alla richiesta del consigliere tiburtino di tornare a presiedere il gruppo regionale del Pd in presenza di indagini non archiviate da parte della procura di Roma su Mafia capitale. La controversia si concluse con l’incarico della commissione Bilancio. Comunque un boccone indigesto per il presidente della giunta. Alle cui orecchie il Tempo farebbe balenare le sirene melodiose di Ulisse.
Il paradosso (numero due) di tutta la vicenda è che a parti invertite, l’effetto risulterebbe il medesimo. Perché se Jassica Faroni godesse della disponibilità del Tempo, potrebbe disporre un ritratto che non si distaccherebbe significativamente da quello disegnato dal competitor della Tosinvest. Crediti, debiti, Regione Lazio, deficit sanitario e via elencando. Tutti capitoli che non differenziano un gruppo dall’altro. Così come il ricorso a surrogati più o meno corrispondenti a superare le difficoltà, con (sempre, regolarmente) i lavoratori primi attori di una partita a perdere.
I poteri forti, la campagna elettorale per il Campidoglio, la sanità, i rifiuti (la nuova avventura imprenditoriale di Francesco Gaetano Caltagirone dopo gli “inciampi” di Manlio Cerroni). Si tratti di Tempo o di Messaggero, l’informazione romana si direbbe nostalgica dell’ovile, dei tempi belli di Renato Angiolillo e di quelli successivi all’uscita di Sandro Perrone da via del Tritone. Una conferma che l’equiparazione Angelucci-Ini con Caltagirone-Virginia Raggi-Acea non sembra(va) una suggestione.