SONO ANNI ORMAI CHE accanto alle sorgenti delle Acque Albule, che alimentano lo stabilimento della omonima società, si è insediato stabilmente un vasto campo nomadi, comprendente, oltre a roulottes e attendamenti, anche molti prefabbricati che evidenziano la stabilità della grave situazione, sostanzialmente ignorata dall’amministrazione comunale di Tivoli e dalla dirigenza della società.
Improvvisamente, il 30 novembre, il Consiglio comunale, sembra a seguito di esposti della «spa Acque Albule», ha approvato una mozione, per chiedere un tavolo di concertazione con il Comune di Guidonia Montecelio e con il prefetto di Roma, per risolvere l’annosa questione, definita da un consigliere di opposizione «foglia di fico» destinata soltanto a procrastinare ulteriormente la vicenda ed a coprire ipocritamente l’inescusabile inerzia della pubblica amministrazione.
Tavoli o foglie, certo è che la situazione sanitaria appare e non da oggi molto preoccupante, perché è evidente che i liquami e le deiezioni di questo insediamento in tutto o in parte vadano a sversarsi nei laghi «Regina» e «Colonnelle», dai quali si prelevano le acque utilizzate per alimentare le piscine dello stabilimento della «spa Acque Albule» (che come è ormai noto e pacifico non sono termali ed anzi non si sa bene ancora come debbano essere classificate) e soprattutto per le prestazioni terapeutiche (inalazioni, fanghi, otorino, dermatologia, eccetera).
La documentazione fotografica (evidentissime le differenze tra l’immagine in alto e quella sotto) evidenzia al di là di ogni possibile dubbio la gravità del pericolo per la salute pubblica.
Ma tutto è andato avanti così da anni, perché (si dice, per affermazione della società), le acque utilizzate per le predette prestazioni termali sono pescate in profondità, dove la bolla sorgiva escluderebbe la contaminazione con le acque superficiali (certamente contaminate).
Il dubbio è legittimo, poiché, pur prendendo atto che il risveglio dell’amministrazione comunale consegue a formali esposti della «spa Acque Albule», ammesso fossero necessari per evidenziare alle autorità quello che è pubblicamente palese da anni a tutti, si vorrebbe sapere quali indagini siano state in concreto svolte dai presidi sanitari pubblici per escludere il pericolo di contaminazione e segnatamente per escluderlo stabilmente, sia in relazione ad eventi meteorologici straordinari (ma neanche tanto, come si è visto più volte nel corso della corrente stagione autunnale), in occasione dei quali notevoli volumi di acque piovane vanno a sversarsi negli invasi delle sorgenti, sia alla costanza della presunta forza ascendente e contrastante della predetta bolla, che potrebbe anch’essa variare per molteplici fattori (dipendenti anch’essi da eventi meteorologici o da condotte umane, tipo il contestuale prelievo dallo stesso invaso sotterraneo da parte delle industrie estrattive della zona).
Va evidenziato che il liquido fuoriuscito dai fori che provoca l’estrazione del travertino nelle pareti, viene «risucchiato» da decine di pompe aspiranti aziendali, riversato in un canale dedicato che si unisce a quello della Prata; il che ha praticamente provocato la «pavimentazione» dell’Aniene a Pontelucano.
In definitiva, i cittadini e gli utenti probabilmente più che dai tavoli, dalle foglie di fico e dalle mozioni che resteranno probabilmente appesi al vuoto cosmico, gradirebbero essere tranquillizzati da oggettivi ed incontestabili accertamenti sanitari pubblici, con pubblicazione dei relativi risultati, tali da escludere ogni pericolo, faticando a credere allo stato, vedendo la rappresentazione fotografica dei luoghi, che tutto va bene la marchesa.
Del resto, che ricorra oggettivamente una grave situazione di pericolo per la salute pubblica lo si può desumere dagli allarmanti esposti della «spa Acque Albule», che almeno meritoriamente hanno risvegliato l’amministrazione comunale da un lungo sonno.
Non si vorrebbe tuttavia che, presentati gli esposti, approvate le mozioni i proclami e le grida, varati i tavoli e le sedie, coperto il tutto con foglie di fico (di notevoli dimensioni per l’occorrenza) e lavate le coscienze in acque sulfuree più o meno contaminate, tutto restasse come prima…in attesa dell’irreparabile.
Albuccione: a ben vedere si direbbe il 12 dicembre 2008
IL TEMPO CHE NON PASSA. Si ricorderà il 2008. Tutto accadde il 12 dicembre. La memoria rimanda all’immagine-simbolo degli elicotteri giunti in soccorso dei «rifugiati» sul tetto delle proprie abitazioni ad Albuccione, in riva all’Aniene. In quel giorno di quell’anno anche Roma rischiò gli effetti dello straripamento del Tevere. Che non avvenne. A differenza del suo affluente da est.
Fu così che la Regione Lazio ordinò l’abbattimento delle costruzioni (tutte) abusive sulle sponde dell’Aniene. L’ordinanza venne firmata da Mario Di Carlo, già presidente di Legambiente, assessore alla Casa della giunta Marrazzo. Per l’ex giocatore di rugby (così nel suo passato) l’area liberata dalle abitazioni doveva costituire la zona di tracimazione, necessaria affinché l’Aniene non esondasse alla periferia di Roma, da Ponte Mammolo al Pratone delle Valli. Fu il suo ultimo atto. Di Carlo morirà nel 2011 al Regina Elena.
A seguire quella decisione montò la protesta dei residenti. Che trovò il consenso di Teodoro Buontempo, assessore alla Casa della giunta Polverini. Il primo “rimedio” alle esondazioni del fiume venne individuato nella costruzione di argini artificiali. Mai realizzati (anche per le critiche venute dagli esperti che si dissero contro, avrebbero peggiorato le condizioni del bacino del fiume).
A quel punto vennero «pensate» le vasche di decantazione. All’altezza del «tiro a segno», impianto sito a Corcolle, nel territorio di Roma ma di fronte ad Albuccione. Vasche ancora presenti nel pensiero degli ideatori. D’altronde, per come si è intervenuti sulla soluzione dei problemi del fiume siamo tuttora nel 2008.